Fino al 10 gennaio 2013 il mondo era un posto migliore, Aaron Swartz era ancora tra noi e chissà come sarebbe andata se avessimo potuto fare di più per proteggerlo.
Per i bibliotecari di tutto il mondo Aaron era un utente speciale: cercava una biblioteca in tutte le città in cui andava. Il suo grande amore per la conoscenza senza confini e garantita a tutti lo ispirò a creare Open Library, un progetto di biblioteca digitale di Internet Archive di cui si può leggere nella presentazione scritta dallo stesso Aaron. Open Library raccoglie dati bibliografici che chiunque può inserire e modificare, una raccolta di opere in pubblico dominio e, dal 2010, offre un servizio di prestito di ebook moderni in collaborazione con distributori e biblioteche statunitensi. L’intero progetto è basato su software libero e open source.
Aaron però non era solo un collega ad honorem per i bibliotecari; era un ragazzo molto intelligente, che ha contribuito in modo significativo ad alcune delle più grandi innovazioni del web che ancora oggi milioni di cittadini utilizzano in tutto il mondo e in modo assolutamente gratuito (basti pensare ai feed RSS, alle Licenze Creative Commons, a Reddit).
Perché ricordare questo Internet’s Own Boy, come è stato definito da chi lo ha conosciuto?
Il mondo dell’Open Access lo sa bene: Aaron è stato in prima linea per cercare di capire i meccanismi della rete e, come attivista politico, per battersi contro le ingiustizie sociali di alcune leggi che vorrebbero controllare Internet.
Nel 2012, ad esempio, si attivò per non far passare una proposta di legge contro quella che veniva definita superficialmente pirateria informatica, ma che, in sostanza, avrebbe drasticamente cambiato il web libero come lo conosciamo oggi e che avrebbe riguardato tutti noi, anche chi del pirata informatico non ha davvero nulla.
Un anno prima, nel 2011, Swartz era stato accusato di aver scaricato illegalmente 4 milioni di articoli dalla banca dati JSTOR, una raccolta di articoli scientifici scritti da ricercatori pagati con i contributi pubblici e che di conseguenza dovrebbero essere pubblici, accessibili a tutti; eppure ogni articolo scaricato da JSTOR va pagato e l’accesso a queste informazioni, oltre che molto costoso per le istituzioni che le mettono a disposizione dei loro utenti, è assolutamente proibitivo per i Paesi più poveri. Non sappiamo cosa Aaron avrebbe voluto fare di questi articoli che, ad ogni modo, come tutti gli studenti e i docenti del MIT (Massachusetts Insititute of Technology) poteva liberamente consultare e scaricare. Quello che è certo è che venne trattato come un criminale e fu vittima di una ingiusta persecuzione legale. Ciò che si poteva contestare a Swartz era, semmai, un massiccio download, effettuato attraverso un computer anziché manualmente. Il giurista Lawrence Lessig ha dichiarato che la persecuzione che ha subito Aaron a causa di questa vicenda è stata un abuso del sistema proporzionale, notando che “la domanda a cui questo governo deve rispondere è se era necessario che Aaron Swartz fosse additato come criminale”.
Se volete conoscere meglio Aaron, in MediaLibrary sono disponibili l’ebook Aaron Swartz (1986-2013). Una vita per la cultura libera e la giustizia sociale, in cui si possono leggere molti dei post che aveva pubblicato sul suo blog personale, e il documentario di Brian Knappenberger The Internet’s Own Boy (con sottotitoli in italiano), entrambi pubblicati con licenza Creative Commons e che possono quindi essere scaricati e diffusi liberamente.
Se volete approfondire quello che ancora oggi riguarda le modalità di accesso alle informazioni, anche in Europa, per operatori culturali, ricercatori, studenti o semplici cittadini, scoprirete che ci troviamo in una situazione quasi paradossale: le ricerche scientifiche sono finanziate anche o esclusivamente da contributi pubblici, ma le stesse istituzioni si trovano poi a dover pagare cifre da capogiro per poter garantire l’accesso agli articoli dei ricercatori, oltretutto consentendo la consultazione solo ad un numero ristretto di persone. Proprio in questi giorni è stato reso pubblico un contratto di licenza per l’accesso alla letteratura scientifica, stipulato tra una pubblica amministrazione e un gruppo editoriale. Si tratta della prima volta in cui ne possiamo vedere uno perché, fino ad ora, ad ogni contratto era associata una clausola che impegnava le parti a tenere segreta la cifra versata per l’abbonamento. Nicola Cavalli, libraio, editore e ricercatore per l’Università Milano Bicocca, ne parla in questo post e Antonella De Robbio, bibliotecaria presso l’Università di Padova e responsabile del progetto Open Access e Copyright, in questo post fa chiarezza su una situazione che, in linea teorica, dovrebbe essere molto semplice, ma che ancora non è così facile da comprendere.