Our band could be your life. La storia dell’underground americano degli anni 80 – seconda parte

In un post di BiblioMediaBlog uscito poche settimane fa vi avevamo introdotto alla musica della scena underground americana degli anni ’80, soffermandoci in particolare sui Minutemen; continuiamo questo viaggio con la seconda parte del post, dedicata agli Husker Du da Minneapolis.

Forse i più grandi degli anni ‘80, insieme ai R.E.M. Un trio davvero singolare: Bob Mould, cantante e chitarrista, compositore di anthem introspettivi ed epici, dal grande impatto sonoro; Grant Hart, batterista anfetaminico e cantante, autore dell’altra metà dei pezzi della band, con i suoi ritornelli beatlesiani e uno sguardo ottimistico alle cose della vita; in mezzo, Greg Norton, il suo basso e i suoi improbabili baffi a manubrio a creare equilibrio – “la Svizzera del gruppo”, come amava definirsi.

512px-Hüsker_Dü_logo.svgGli Husker Du – sigla mutuata da un gioco da tavolo degli anni Cinquanta, “Ti ricordi?” in danese – partono dall’hardcore “fedele alla linea” e ai limite dell’ascoltabile di Land Speed Record (17 brani per 26 minuti, e su MLOL li trovate divisi in due lunghe tracce scaricabili in un colpo solo), ma è subito evidente l’allergia per gli stretti limiti stilistici imposti dall’ortodossia alternativa americana: in copertina campeggiano le bare dei primi otto caduti americani in Vietnam, scelta che evidenzia la vicinanza del trio agli ideali della controcultura sixties – ma fumo negli occhi per i primi punk.

Facciamo quel che ha fatto il movimento per la pace negli anni Sessanta, ma come lo portarono avanti loro non funzionò. Si sedevano in cerchio nel parco e cantavano con la chitarra acustica. Noi prendiamo le chitarre elettriche e rompiamo il culo a tutti finché il messaggio non arriva.

Due anni dopo è la volta dell’EP Metal Circus, in cui gli Huskers trovano la quadratura del cerchio: soli sette pezzi, ma alcuni da antologia. Real World di Mould, ad esempio, versi di puro pragmatismo da americano medio in un brano che più hardcore non si potrebbe.

Leggendo le fanzine vedi un sacco di ragazzini che firmano le loro lettere con “anarchia e pace”. Non credo che siano tanti quelli che vivono ciò di cui cianciano; voglio dire, stanno a casa con i genitori, e sicuramente tengono moltissimo alle loro proprietà.

Hart invece contribuisce con la dolcezza pop – ma pur sempre alla velocità della luce – di It’s Not Funny Anymore e la storia di stupro e omicidio di Diane, raccontata con gli occhi dell’assassino e sonorità dark.

E poi arriva il 1984, l’anno della vera esplosione creativa. Nel video sopra vi abbiamo proposto la versione degli Husker Du di Eight Miles High dei Byrds, pietra miliare della psichedelia americana: sognante e malinconica in origine, un tornado di violenza nella rilettura del trio di Minneapolis, eppure miracolosamente fedele allo spirito dell’originale. Per dirla con lo scrittore Michael Azerrad:

[…] si tratta di uno dei più potenti pezzi di musica rock mai registrati. La versione degli Husker Du prende i temi originali della canzone, la disillusione e il presagio di sventura, e li trasforma in una campana a morto per la controcultura degli anni Sessanta. […] Il suo cantato quasi senza parole ricorda l’approccio dell’urlo primario di John Lennon, soltanto dieci volte più spaventoso; catartici, in definitiva affamati di vita, i suoi urli da gelare il sangue, sono diretti, onesti e colpiscono come il pianto di un bambino.

zenarcadeQuindi è la volta di Zen Arcade, vero capolavoro della band e testo sacro dell’underground a stelle e strisce: un concept album che parla di crescita e disillusione, in 23 pezzi e 70 minuti che mischiano hardcore e sperimentazione, pop e psichedelia, rumore e melodia. Debordante e rischioso – tanto che in effetti i contorni della storia si fanno sempre più confusi, man mano che si procede nell’ascolto – mostra un trio sicuro dei propri mezzi nonostante la giovane età e una scrittura scintillante e multiforme, sia negli assalti più rabbiosi (Something I Learned Today, Masochism World, Beyond The Threshold, I’ll Never Forget You), sia nei momenti più accessibili (l’acustica Never Talking To You Again, la psichedelia di Pink Turns To Blue, il power-pop di Whatever e Newest Industry, l’inno alla Clash di Turn On The News). Ciliegina sulla torta, i quattordici minuti di puro delirio strumentale di Reoccurring Dreams.

Era la parola finale sul genere: ogni altro disco hardcore dopo Zen Arcade sarebbe sembrato derivativo, retrogrado, pieno di cliché.

E così, preda di un fuoco creativo che non si sarebbe arrestato fino allo scioglimento e forti di un successo notevolissimo di critica e pubblico, gli Husker si permettono di dare alle stampe due altri album in meno di un anno, che sanciscono il loro passaggio alla forma-canzone.

New-Day-RisingPrima New Day Rising, che suona come una versione su scala ridotta e più pop di Zen Arcade, e con una produzione molto più efficace – dopotutto il disco precedente era stato registrato e mixato in sole ottantacinque ore. Dentro ci trovate alcuni degli inni definitivi di Mould: la title-track, onda montante di rabbia e rumore che non fa che ripetere ossessivamente le parole del titolo; la luminosa I Apologize, che a spina staccata e a velocità ridotta sarebbe poi un melodicissimo folk-rock; la riflessione malinconica di Celebrated Summer. Hart, come al solito, alleggerisce il tutto con alcuni dei suoi ritornelli più contagiosi – Books About UFOs e The Girl Who Lives On Heaven Hill, ad esempio.

Hüsker_Dü_-_Flip_Your_WigTocca poi a Flip Your Wig, curatissimo nei suoni e definitivamente power-pop nella scrittura, con melodie bellissime e testi sempre toccanti – per non parlare dell’esecuzione, al solito senza un attimo di respiro: le varie Makes No Sense At All, Flip Your Wig, Green Eyes sono lì a dimostrarlo, sebbene il gruppo non rinunci all’hardcore (di cui rimane traccia in Divide And Conquer e nelle accelerazioni di Every Everything) né ai trip psichedelici – come accade in Find Me o nei due strumentali posti a fine scaletta. Si tratta addirittura del loro disco più solido, secondo Azerrad.

warehouseTutto è pronto per il grande salto nel mondo delle major, tranne forse proprio i protagonisti: ne verranno altri due album in due anni – il buon Candy Apple Grey e il capolavoro Warehouse: Songs And Stories -, ma la storia del trio si concluderà bruscamente nel 1987 in circostanze drammatiche, con il suicidio del giovanissimo manager David Savoy e l’aggravarsi del conflitto insanabile tra Mould e Hart, che avvieranno entrambi – soprattutto il primo – prolifiche carriere soliste.

Tutti gli ep e gli album degli Husker Du, ad eccezione degli ultimi due che abbiamo citato, sono disponibili per il download su MLOL (3 tracce a settimana), grazie al servizio Freegal Music: se vi abbiamo incuriositi non vi resta che scaricare!

Articolo di Francesco Pandini, alcuni diritti riservati.