Usare contenuti digitali nel rispetto del diritto d’autore: le licenze Creative Commons

Una delle prassi comuni di chi usa il web e i social network è l’uso delle immagini o altri contenuti senza fermarsi troppo a pensare se la possibilità di utilizzo è consentita dall’autore o da chi detiene i diritti sull’opera. A volte si tende a pensare che per il solo fatto di trovarsi liberamente in rete, un’immagine o altro contenuto creativo possano essere liberamente usati. Può anche capitare che ci si ponga il problema, ma non sempre in rete è facile risalire all’autore di un contenuto e alle condizioni per il suo utilizzo.
Dal momento che MLOL, nella sezione Open, offre molti contenuti riutilizzabili, proponiamo in questo post una breve guida all’uso delle licenze libere, soffermandoci sulle più note, le Creative Commons.

Ordering of Creative Commons licenses from most to least open

Queste licenze rappresentano un cambio di prospettiva nell’applicazione del diritto d’autore: offrono infatti un’alternativa al modello “tutti i diritti riservati”, introducendo il concetto di “alcuni diritti riservati”. Se con il primo modello nessuno può riusare un’opera (quindi per esempio usare un’immagine per il proprio blog, rielaborare l’immagine stessa, stampare un testo, ecc.) senza chiedere l’autorizzazione all’autore che ha creato l’opera o a chi ne detiene i diritti, con le Creative Commons è l’autore che, nel momento della pubblicazione dell’opera, decide quanti e quali usi della propria opera sono consentiti a chiunque voglia utilizzarla. In questo modo, basta controllare la licenza per capire immediatamente se si può usare una qualsiasi risorsa e a quali condizioni.

Tali condizioni sono predefinite e individuate nelle licenze Creative Commons in quattro prescrizioni, che combinate fra loro producono sei licenze, quindi sei diversi modi di utilizzare un’opera che variano appunto in base alle condizioni previste. Le esamineremo ora nel dettaglio, anche usando alcune risorse presenti nella sezione Open di MLOL per vederne la loro applicazione concreta.

La licenza più libera e aperta è indicata con la formula CC BY , dove CC, elemento comune di tutte, significa proprio Creative Commons, mentre BY indica l’obbligo di attribuire l’opera all’autore: è il caso delle collezioni digitali della Wellcome Library , che offre col vincolo della sola attribuzione archivi di immagini di molte discipline; solo a titolo di esempio citiamo la bella collezione dedicata del fotografo, geografo e viaggiatore scozzese John Thomson (1837-1921), che fu il primo a documentare con foto i suoi viaggi in Estremo Oriente alla fine del XIX secolo. Possiamo quindi usare queste foto, possiamo anche creare nuove opere partendo da queste, per esempio delle cartoline, che possiamo anche vendere, ma dovremo sempre indicare sull’opera derivata il nome dell’autore, secondo le modalità che ci suggerisce lo stesso sito in cui è pubblicata:

L0056291 Chinese boatwoman, Canton by John Thomson

L0056291 Chinese boatwoman, Canton by John Thomson Credit: Wellcome Library, London. Wellcome Images http://wellcomeimages.org Canton, Kwangtung province, China. Photograph by John Thomson, 1869. 1869 By: J. ThomsonPublished: – Copyrighted work available under Creative Commons Attribution only licence CC BY 4.0 http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/

Un altro elemento che potremmo trovare è la sigla SA, quindi una licenza indicata con questa formula: CC BY-SA . SA è l’acronimo di “Share Alike” e si traduce con “condividi allo stesso modo”. Si tratta, tra l’altro, della licenza di questo blog.
L’autore qui ci dice: puoi prendere la mia opera, riutilizzarla, anche modificarla e persino rivenderla, ma la nuova creazione che hai realizzato deve avere la stessa licenza dell’originale. È un vincolo in più, da un lato, ma è anche una buona pratica che permette la maggiore diffusione delle licenze libere e di conseguenza anche una maggiore circolazione del sapere e delle possibilità di riuso creativo delle opere. È questa la licenza di Wikipedia, per esempio, ma anche delle opere della biblioteca digitale Wikisource . Se volessimo, per esempio, stampare e distribuire una copia del testo del romanzo “Il fu Mattia Pascal” di Pirandello, potremmo liberamente farlo, ma sulla copia stampata dovremmo riportare la stessa licenza che compare su Wikisource.

Può capitare di trovare anche la licenza CC BY-ND , dove ND, “non opere derivate”, significa che possiamo utilizzare l’opera, citando l’autore, ma non trasformarla in nessun modo.

L’ultimo elemento che può caratterizzare queste licenze è il divieto di farne opera commerciale. Se troviamo quindi questa formula: CC BY-NC , dove NC sta proprio per “non commerciale”, possiamo condividere, trasformare e diffondere l’opera, a patto di non trarne un’utilità commerciale. Quindi, per esempio, non posso pubblicare una foto con questa licenza come immagine di copertina di un libro che metterò in commercio; se realizzerò, per esempio, dei poster con quella immagine, potrò soltanto regalarli.

Queste ultime due licenze possono essere ulteriormente combinate, con esiti più restrittivi rispetto alla possibilità di modificare l’opera o di farne uso commerciale.

Un’ultima menzione merita uno strumento legale che non è propriamente una licenza, ma il cui utilizzo permette di rinunciare ai diritti sull’opera: CC0 . Questa indicazione ci fa capire che l’opera si trova nel pubblico dominio: potrà essere usata senza alcuna condizione, neanche quella di attribuire l’opera all’autore. Appartengono a questa tipologia e meritano una visita le ricchissime collezioni del Walters Art Museum, di cui abbiamo recentemente scritto.

Un elenco rapido delle licenze creative e delle loro caratteristiche è disponibile nella pagina italiana di Creative Commons.