L’album Bach to Moog, pubblicato nel 2015, celebra il decennale della morte dell’ingegnere Robert Moog, noto per essere stato l’inventore del primo sintetizzatore elettronico a tastiera: il Moog per l’appunto. Si trattò di un’invenzione rivoluzionaria destinata ad entrare in modo dirompente nella storia della musica a partire dagli anni Sessanta. Prodotto dapprima in versione multimodulare, piuttosto ingombrante e riservata all’uso in sala discografica, venne poi realizzato nel formato ridotto “da viaggio”, con l’appellativo di MiniMoog.
Il jazzista Sun Ra utilizzò per primo questo modello, disponendo del prototipo donatogli prima della commercializzazione dall’inventore stesso nel 1965. La sua produzione musicale fu particolarmente ispirata da questo strumento che gli permetteva di improvvisare le lunghe esplorazioni sonore tipiche del free jazz.
Fu determinante per il successo del progetto anche il contributo di musicisti come Herbert Deutsch e Wendy Carlos; il primo è un compositore che fu stretto collaboratore di Bob Moog presso il Columbia-Princeton elettronico Music Center, il secondo è l’autore delle colonne sonore di alcuni film di Kubrick, e nel 1968 portò alla ribalta internazionale questo nuovo strumento con l’esecuzione di alcuni brani del Concerto brandeburghese n. 3 di Johan Sebastian Bach, pubblicati in un album di studio per solo Moog: Switched-on Bach. Il titolo appariva come una sferzata per le convenzioni musicali del tempo: mai si sarebbe potuto pensare di “accendere” Bach con un semplice tasto, come si fa con una lampadina! Fu considerato uno degli album più belli e irresistibili di quell’anno e investì il mercato discografico vendendo più di un milione di copie e meritandosi il Grammy Award nel 1969.
A partire da quel momento, nulla poté più fermare il cammino verso il successo del sintetizzatore elettronico Moog, strumento rivelatosi assolutamente allettante e seducente per i gruppi musicali rock di quegli anni che potevano rimodulare e rimaneggiare le più azzardate sperimentazioni sonore e timbriche in studio e riproporle in trasferta durante i concerti. Utilizzato dai Beatles, dai Tangerine Dream e dagli Who, per citarne solo alcuni, fu portato al suo massimo livello espressivo nel genere rock da Emerson Lake & Palmer.
Riuscendo ad essere uno strumento trasversale alle correnti musicali, pur non essendo facile da utilizzare, è penetrato nell’immaginario musicale e sociale di un’intera generazione, sconfinando persino nella disco music con il brano I feel love di Giorgio Moroder interpretato da Donna Summer. Il suo utilizzo nelle colonne sonore divenne frequentissimo data l’efficacia espressiva che poteva raggiungere: basti ricordare l’ouverture del film Shining, Rocky Mountains oppure Timesteps di Arancia meccanica che suggellano la collaborazione fra Wendy Carlos e il regista Stanley Kubrick e determinano l’ingresso della musica elettronica nel cinema.
Negli anni Settanta nacque un vero e proprio filone musicale, quello della musica elettronica, i cui pionieri furono i tedeschi Kraftwerk che nel 1975, con la notissima Radioactivity, cavalcarono le top ten musicali europee. Il moog fece il suo ingresso anche in Italia, nel 1972, quando Federico Monti Arduini, noto come Il Guardiano del Faro, entrò nella hit parade con il brano Il gabbiano infelice. Egli stesso conobbe Robert Moog che gli regalò un Polymoog, un sintetizzatore polifonico analogico messo in commercio per la prima volta nel 1975.
Per celebrare questo ricchissimo strumento e il suo inventore, il compositore e produttore di Bach to Moog, Craig Leon, inserisce il sintetizzatore di ultima generazione Moog System 55 all’interno di un insieme orchestrale dove le tracce generate dai diversi strumenti, con esecuzioni anche dal vivo, si fondono a creare una sonorità compiuta e composita. Le tracce dell’esecuzione della violinista Jennifer Pike e della Sinfonietta di Cracovia vengono rielaborate dal nuovo sintetizzatore che le ripropone in un ensemble nel quale lo strumento solista è proprio il System 55. L’esperimento è curioso ma riuscito e di sicuro rappresenta un modo stimolante di proporre Bach rivisitato in chiave elettronica.
Grazie a Medialibrary (cercatelo inserendo “Bach to Moog” nel box di ricerca di Naxos) possiamo ascoltarlo per farci un’idea, ma anche approfondire, grazie al CD del 2012 From Moog to Mac di Herbert Deutsch, primo sperimentatore di elettrosintetizzatori e compositore di musica elettronica che ripercorre qui cinquant’anni di esperienza musicale elettronica. Da Freegal Music invece è possibile attingere scaricando I feel love di Donna Summer o brani degli Emerson Lake & Palmer. Infine, entrando nella banca dati Jazz Music Library possiamo ascoltare la composizione Space probe di Sun Ra, uno dei pezzi esemplari dell’utilizzo del Moog, mentre nella banca dati Classical Music Library è possibile riascoltare l’overture di Shining di Wendy Carlos (traccia 12 nella compilation Scary Music) oppure il brano Radioactivity dei Kraktwerk (traccia 5 della raccolta Electric Counterpoint).
Buon ascolto!