Oltre 100.000 incidenti coinvolgono ogni anno persone che scrivono messaggi mentre sono al volante. I numeri stanno aumentando rapidamente
Queste sono le parole con cui si apre From One Second to the Next, documentario di Werner Herzog realizzato nel 2013 su commissione di AT&T, Verizon, Sprint e T-Mobile allo scopo di sensibilizzare gli automobilisti (e particolarmente i giovani automobilisti) sui pericoli dell’uso del telefono cellulare mentre si è alla guida. Interamente disponibile su Youtube, il filmato è stato selezionato per la collezione di risorse Open di MLOL. Unica avvertenza: l’opera è in lingua inglese, ma è possibile attivare i sottotitoli, anche se sempre in lingua originale.
Werner Herzog non ha certo bisogno di presentazioni: se volete approfondire il suo percorso artistico potete leggere una monografia a lui dedicata su Ondacinema, oppure una bellissima raccolta di interviste edita da Minimum Fax, dal titolo Incontri alla fine del mondo, disponibile sia su MLOL che sul nuovo servizio di ebook subscription MLOL Plus. Al cineasta tedesco si devono capolavori come Aguirre Furore di Dio, Fitzcarraldo o L’Enigma di Kaspar Hauser, ma anche uno sguardo rivoluzionario all’arte del documentario, che lo ha portato soprattutto nella tarda età a realizzare pietre miliari come Apocalisse Nel Deserto o Grizzly Man.
From One Second To The Next è un documentario di soli 34 minuti, e, come specifica lo stesso Herzog, non si tratta di un film artistico, ma di un semplice messaggio di pubblica utilità: “e il messaggio è molto semplice. Non scrivete messaggi mentre siete alla guida. È tutto qui”. Pur con tutte queste limitazioni (necessarie), il risultato è sinceramente toccante, perché l’approccio di Herzog alla materia documentaristica è unico: non gli interessa né serve mostrare sangue o scene particolarmente cruente, ma rendere visibile quello che lui chiama “il lato interno della catastrofe”.
Il film si articola in quattro parti, e in ognuna di esse viene approfondito un singolo incidente stradale. Come sempre in Herzog, non sono la telecamera o la sceneggiatura a proporre allo spettatore giudizi morali o risposte giuste; sono invece i nudi fatti a dominare, siano essi narrati dalla voce della madre di un bambino rimasto paralizzato per sempre – “ogni madre potrà capire (il mio dolore), non posso più dire a mio figlio: «vai a giocare»” – o da quella di un trentenne che ancora ricorda la tragedia con lo sguardo perso – “«Ti amo»: questo è stato l’ultimo messaggio che ho mandato prima di causare un incidente che ha ucciso tre persone”.
Il lato interno della catastrofe è la presa di coscienza da parte di tutti – vittime e carnefici – che quanto è stato portato via non potrà in alcun modo essere restituito e che un solo attimo di distrazione di un singolo individuo può cambiare l’esistenza di tanti, da un secondo all’altro e per sempre. Il lato interno della catastrofe è l’equilibrio precario che queste persone dovranno trovare tra l’impossibilità di accettare quanto accaduto e la necessità di convivere con la perdita e l’assenza. Tanto basta a Herzog per coinvolgere e colpire al cuore senza ricorrere a biechi artifici melodrammatici – ottenendo un risultato simile, fra l’altro, a quello dello splendido Into The Abyss di qualche anno precedente, che narrava la vicenda di un uomo rinchiuso nel braccio della morte, in attesa dell’esecuzione.
Il film è stato proiettato in numerose scuole americane e la sua utilità è stata indubbia, agli occhi dello stesso regista, al fine di sensibilizzare i giovani spettatori su un problema che sta esplodendo in tutta la sua gravità proprio in questi anni: “la reazione sta arrivando… Intendo, centinaia di mail in arrivo, genitori che mi scrivono. Una ragazzina mi scrive, «mi sono seduta con mia madre e le ho detto: «mandi messaggi mentre mi porti a scuola; non lo farai mai più». Mia madre non porta nemmeno più con sé in auto il cellulare». C’è un effetto ed è l’unica cosa che conta”.