Il professorino che canta, così lo aveva definito Camilla Cederna. E a lui, questa definizione, piaceva molto. Ma per Paolo Poli, uno dei più grandi attori di teatro, spentosi il 25 marzo 2016, gli aggettivi si sprecavano: di punta, di rottura, di avanguardia, e via mille altre descrizioni. Sapeva stare per conto suo, non gli piaceva il branco, e ha sempre avuto la gioia di fare un lavoro che gli piaceva, un lavoro per il quale ha trottato in continuazione, sino alla fine dei suoi giorni. Per uno come lui, che passò direttamente dall’infanzia alla vecchiaia, la scena era una continuazione del gioco dei bambini: il teatro, così, diveniva una professione costruita sull’acqua, e molto, molto più bella della vita.
Intelligenza, ironia, vita, morte, passione finivano nei suoi spettacoli, sempre ispirati alla letteratura: dall’analisi del romanzo alla sintesi del teatro. Perché Paolo Poli era fidanzato coi libri, che si è ritrovati attorno sin dai primi anni di vita. Aveva due genitori “poveri in canna, ma mentalmente liberi e spiritosi”: una mamma maestra elementare e un papà carabiniere, che avevano riempito la casa di libri, alla periferia di Firenze. Quanti aneddoti, quante storie divertenti ci ha lasciato Paolo Poli circa le sue letture: ha amato i grandi capisaldi della nostra letteratura, da I Promessi sposi a Pinocchio, gli piaceva molto Moravia, aveva perso la testa per moltissimi altri autori (come per Goffredo Parise i cui Sillabari portò sulle scene), e poi, come gli piaceva ricordare:
“Siamo figli di un secolo che con la Signora Bovary, i sogni di Freud, i Sei personaggi pirandelliani, si apre nel segno dell’incertezza suprema”.
Dal palco si divertiva un mondo a vedere le vecchie signore con i capelli viola che, essendo di un’altra generazione, avevano una preparazione letteraria che le nuove generazioni spesso non avevano. Quanto amore per i libri, per i personaggi dei romanzi, ma anche per l’indipendenza e la disinvoltura sentimentale: due cose, queste ultime, apprese dalle sue zie. E la fantasia, un motore intenso e perfetto capace di ispirargli bellezza. Gli piacevano, poi, le favole (nei primi anni sessanta leggeva favole in TV, in uno dei due canali RAI) perché da sempre “hanno lo scopo di avvertire i ragazzi che nel mondo non ci sono soltanto i mulini bianchi“, e perché i grandi autori come Perrault sono capaci di raccontare il mondo in due parole.
Rifiutò una parte in Otto e mezzo di Fellini (“É inutile che venga” gli disse. “Tu sei più bravo con le comparse, una bella cicciona: è quella che si ricorda”): un uomo, prima ancora che regista, che Paolo Poli ricordava come straordinario perché sapeva ricavare il piacere dalle cose sognate e immaginate. Quando, da Firenze, arrivò a Milano e conobbe Dario Fo gli sembrò di scoprire un altro mondo. E non ebbe mai la nostalgia del ritorno: perché in fondo, per Paolo Poli, Firenze era una città tragica che preferiva amare da lontano.
Paolo Poli ci ha lasciato uno degli insegnamenti più avveduti e interessanti: per restituire lo spirito delle cose, per disinnescare censure e conformismo, c’è bisogno di ridere e di far ridere. E di non prendersi mai troppo sul serio. La sua lunga, appassionata carriera artistica è stata un sillabario poetico e brillante costituito da spettacoli con una forte connotazione comica, che si rifacevano alle commedie brillanti, surreali e oniriche. Nel suo affabulare trasmetteva sempre grande divertimento. E che non si pensi di trovare messaggi nel suo teatro: perché lui, i messaggi, li lasciava nella segreteria telefonica!
Su MLOL , nella sezione Video Open, sono presenti due risorse audio-video dell’archivio RAI con protagonista Paolo Poli: un video in cui interpreta l’industriale Sigismondo Cogoli in un adattamento televisivo di PierBenedetto Bertoli dell’operetta Al cavallino bianco di Benatzky, e la registrazione di una puntata del programma radiofonico Quant’ è bella la vecchiezza, condotto da Vito Molinari e da Paolo Poli negli anni ’90, che riproponeva al pubblico gli autori meno noti della letteratura italiana a cavallo di fine Ottocento e inizio Novecento. Qui Poli recita la poesia Invernale di Guido Gozzano. Seguendo il tag “Paolo Poli” all’interno dell’archivio RAI, troverete poi altre puntate della stessa trasmissione e altri video estremamente interessanti, tra cui un’intervista di Poli a Umberto Eco per il programma Babau ’70 su conformismo e anticonformismo, e alcune puntate dello storico programma radiofonico di Radio 2 Le interviste impossibili, in cui uomini di cultura del tempo fingevano di intervistare personaggi storici di epoche diverse: Paolo Poli interpretò tra gli altri i redivivi Leopoldo Fregoli, Lewis Carroll ed Epicuro!
Infine, sempre su MLOL nella sezione Audiolibri Open potete trovare Le avventure di Pinocchio di Collodi letto da Paolo Poli, dalla collezione Rai Ad alta Voce: i classici della letteratura letti da grandi attori.