In paradiso è sempre venerdì pomeriggio. Cioè quel momento in cui tutti lavorano ma rilassati, e ci scappano pure le battute alla macchinetta del caffè. Quindi, benché con molto più entusiasmo, concentrazione e leggerezza che in terra, in paradiso si lavora.
Forse qualcuno resterà stupito venendo a sapere che in paradiso si lavora e invece è stata una delle trovate più azzeccate di Dio. (E a Dio capita spesso di averne). – La gente ama lavorare – ha detto a Pietro. – Cazzo, la gente ha bisogno di lavorare. Pensa a quelli che sono disoccupati da una vita. Pensa ai ricchi sfaccendati. Ti sembrano felici?
Dio torna in ufficio, ancora col cappello di paglia e la camicia a quadri. Era andato in vacanza, a pescare, in pieno Rinascimento, quando i terrestri scoprivano un continente alla settimana e sembrava andasse tutto a gonfie vele. Al suo ritorno però, il quadro che gli fanno i suoi ha del catastrofico: il pianeta ridotto a un immondezzaio, genocidi come se piovesse, preti che molestano i bambini…
Si apre così il romanzo A volte ritorno di John Niven, disponibile qui su MLOL.
Avvertiamo subito: come appena visto, il tono generale è dissacrante, sarcastico e fuori dai denti. Non c’è nulla di blasfemo, se lo si intende come offensivo nei confronti di chi ha fede genuina in una divinità superiore. Il leit motiv del romanzo, d’altronde, è: a Dio non importa a chi o in cosa si crede, basta essere brave persone e rispettare tutto il creato e le creature.
Stando così le cose sulla terra, Dio si risolve a rimandare ai piani bassi suo figlio Gesù. Gesù Cristo è un bambinone di trent’anni che, appena rientrato dalla fatica della Passione, non ha nemmeno il tempo di rimanere in paradiso a farsi qualche giro di accordi con Jimi (Hendrix, naturalmente) e una canna in santa pace: deve scendere di nuovo giù, su indicazione di papà, a sistemare quello che gli umani hanno combinato negli ultimi cinquecento anni. Giunto sulla terra, Gesù fa amicizia con un gruppo di squattrinati, raccatta un malato di AIDS malmenato, impedisce un regolamento di conti, perdona un’amica che scappa con i loro soldi e soprattutto… partecipa ad un talent! D’altronde quale posto migliore per farsi ascoltare al giorno d’oggi, se non dal palcoscenico di un talent show musicale? Dopotutto non può più fare come l’altra volta:
Non puoi mica metterti ad un angolo e salire sopra una cassetta di legno a parlare, ti daranno del matto!
Siccome Gesù ovviamente suona da Dio ed è pure bello (una specie di Kurt Cobain più angelicato e disarmante), si fa selezionare ad American Pop star. L’autore, a questo punto, si lancia in un’analisi, cruda ma divertente, delle tipologie di concorrenti, dell’artificiosità del programma e delle macchinazioni degli autori:
Bisogna muoverli a compassione con i casi sociali ma anche suscitare ambizioni. A quelli a casa bisogna propinare qualcosa che li faccia sentire più contenti di sé ma anche qualcosa che li spinga a migliorarsi.
Gesù affronta tutte le fasi di gara del programma… beh, da Gesù: serafico e generoso:
C’è qualcosa che ti preoccupa, Gesù? Preoccupare me? Naah
Guardali! – fa Gesù. – Non è uno strippo rendere gli altri felici?
Arriva però il tempo di vuotare il sacco e rendere produttiva quella second coming (tra l’altro, titolo originale del romanzo). Bisogna che Gesù rinfreschi le idee ai terrestri:
Tutta quella storia sul disegno divino, quelle stronz… boiate sulla mano di Dio che ti guida… La tirano fuori tutti, dai serial killer ai tiranni ai dittatori. E invece Dio ti ha dato il libero arbitrio, quindi fai quello che ti pare e via dicendo.
– Ah sì? Quindi possiamo fare quello che ci pare?
– E sarebbe?
– Solo… fate i bravi.
– Beh, fino ad un certo punto. Insomma, dovresti ricordarti il grande comandamento.
Fate i bravi: l’unico e originale comandamento di Dio. Poi, da Mosè in poi, gli uomini hanno incasinato tutto. Niven non risparmia nessuno, cristiani in primis, ma anche chiunque utilizzi la religione in modo puramente strumentale o ne segua i dettami esteriori per mettersi in pace la coscienza. A Dio i sepolcri imbiancati non piacciono.
(Mentre ad esempio gli piacciono i gay, moltissimo: tanto che gli angeli impiegati agli uffici paradisiaci lo sono in gran numero.)
Dovete ripensare tutta la faccenda qui. Soprattutto l’aspetto religioso. Ce l’avete una mezza idea di quanto fate girare le palle a Dio? C’è gente che si ammazza a vicenda per motivi di fede. E gli antibortisti che accoppano i medici. E non parliamo di quei ciarlatani in televisione che rubano i soldi alla gente in nome di Dio. Credete che a Dio interessi grattarvi anche solo un centesimo? L’inquinamento, l’ossessione per il denaro, tutta quella merda che ingoiate ogni giorno per fare soldi e comprare roba che non vi serve a niente… Voi… voi avete lasciato che si arrivasse a questo punto: i colletti bianchi intascano bonus per milioni di dollari mentre c’è gente che dorme sui cartoni e mangia cibo per cani. Siete fuori di testa? C’è una buona fetta di mondo che reputa buono e giusto coprire le donne dalla testa ai piedi con un sacco nero e impiccare gli omosessuali…
(…) Che fine ha fatto la vostra idea di comunità? Non ci arrivate? FATE I BRAVI, CAZZO!
Dopo il talent e i messaggi dall’improvvisato pulpito televisivo, Gesù tenta un’altra strada: costruisce una fattoria, un’oasi di pace e lavoro fricchettona, e la gente accorre lì, sull’onda della fama ormai guadagnata. E vagli ogni volta a spiegare, all’americano medio in entrata, che no, nella fattoria le pistole non si possono tenere con sé, perché non c’è nulla di pericoloso da cui difendersi lì, mentre piuttosto le probabilità che un bambino ci rimanga sono alte.
La storia va avanti, condita da tutte le miserie umane: politica, denaro, ambizione, pubbliche relazioni, ego. C’è tutto il brutto e il bello del nostro tempo, messo alla berlina: dalle ipocrisie dei poveri di spirito o la sedia elettrica alle sere estive sui tetti con gli amici e ai paesaggi a perdita d’occhio – ciambelle fatte proprio con il buco da papà, pensa Gesù.
L’uomo raccontato da Niven, allo stesso modo, è tanto piccolo quanto grande: nel romanzo c’è molto spazio anche per la bellezza di cui ogni individuo è capace, quando non si perde nei rivoli della violenza e dell’abbrutimento.
Il Padreterno è incantato. Dio prima di tutto è un creatore e la cosa che lo rende più orgoglioso delle Sue creature è di vederle all’opera nel più divino dei gesti: quello di dare vita a qualcosa dal niente. Questa canzone: tre-quattro accordi e una manciata di parole, un piacere sublime da una cosa tanto semplice.
Le canzoni, citate ad ampie manciate nel romanzo, hanno il fondamentale ruolo di intrecciarsi con la trama e impreziosirla, facendone riecheggiare i momenti più densi (un’intera playlist le raccoglie tutte qui). Alcune di queste sono disponibili in Media Library all’interno della banca dati Freegal, che contiene musica scaricabile legalmente e gratuitamente: classici come The only living boy in New York di Simon & Garfunkel, Born to run di Bruce Springsteen e la versione live di Romeo and Juliet di Lou Reed, e poi Tecumseh Valley di Townes Van Zandt, Summer in the city dei Lovin’ Spoonful e L.A. Freeway di Guy Clark.
La scrittura di Niven si mantiene fresca, divertente e di qualità per tutta la lunghezza del racconto: pochi passaggi stereotipati, umorismo genuino e nessun tentativo di ostentazione o moralismo. Questo e altri ebook dello stesso autore sono disponibili per il prestito digitale su MLOL.
Letteratura. Quella sì era roba buona.
Bello che (gli uomini) l’avessero inventata.