
By Angela Radulescu – originally posted to Flickr as Toni Morrison (1), CC BY-SA 2.0
Premio Nobel 1993, Toni Morrison è una scrittrice di grandi capacità evocative. Uno dei temi principali della sua narrativa è la discriminazione degli afroamericani e le ingiustizie inflitte sulla base di pregiudizi razziali, spaziando tra varie epoche della storia degli Stati Uniti d’America.
Tre anni dopo il romanzo d’esordio The Bluest Eyes (L’occhio più azzurro, 1970), Toni Morrison pubblica Sula, quadro di vita di una comunità afroamericana all’interno della quale una giovane donna ha il coraggio di muoversi seguendo un proprio percorso di realizzazione individuale, incontrando per questo le maldicenze e i pregiudizi dei vicini.
Il 1987 è l’anno della consacrazione internazionale: esce Beloved, il suo romanzo più famoso (Amatissima nella traduzione italiana). In quest’opera viene affrontato in modo originale e spiazzante il doloroso tema della schiavitù, tema che sarà ripreso anche nel romanzo A mercy, uscito nel 2007 (Il dono). Entrambi i romanzi ci portano indietro nel tempo: Beloved è ambientato nell’Ohio del 1873 – subito dopo l’abolizione della schiavitù, al termine della guerra civile – ma rievoca avvenimenti accaduti venti anni prima; Il dono, invece, si svolge nella Virginia del tardo Seicento, all’alba della colonizzazione del Nordamerica.
La vicenda che sta alla base della trama di Beloved prende le mosse da un fatto realmente accaduto nel 1856: una donna di nome Margaret Garner, schiava fuggita dal Kentucky, venne raggiunta da una squadra di inseguitori in Ohio, dove si era rifugiata insieme ai figli. La sua reazione imprevedibile, dettata dal panico, scatenò tragiche conseguenze. L’incipit del libro è molto coinvolgente. Sin dalle prime righe il lettore viene catturato da una scrittura magnetica e si trova immerso in un’atmosfera dove reale e sovrannaturale s’intrecciano fino a confondersi:
Il 124 era carico di rancore. Carico del veleno d’una bambina. Le donne lo sapevano, e così anche i bambini. Per anni ognuno aveva cercato a modo suo di sopportare il rancore di quella casa ma, nel 1873, le uniche vittime rimaste erano Sethe e sua figlia Denver. La nonna, Baby Suggs, era morta e i due ragazzi, Howard e Buglar, erano scappati via a tredici anni, non appena, al solo guardarsi nello specchio, questo si era frantumato (il segnale per Buglar), non appena erano apparse sulla torta le due minuscole impronte di una manina (il segnale per Howard). Nessuno dei due aveva aspettato di vedere altro: l’ennesima pignatta ricolma di ceci fumanti rovesciata sul pavimento, le gallette in briciole sparpagliate a terra lungo una linea parallela all’uscio di casa.
Scopriamo subito, senza preamboli, che gli abitanti del fatale n. 124 di Bluestone Road sono costretti a convivere con una presenza misteriosa che si colloca a mezzo tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Attorno a questa situazione si articola l’intero impianto narrativo del romanzo, la trama del quale, essendo basata su una costruzione a enigma, non vogliamo rivelare. È importante tuttavia sottolineare come l’atmosfera sia intrisa di motivi magici che richiamano la cultura tradizionale africana. Lo spirito che abita la casa ricorda gli “abiku” della tradizione dell’Africa Occidentale: creature che nascono e rinascono più volte incarnando gli spiriti maligni, oppure sofferenti e inquieti, dei bambini morti prima della pubertà, i quali tornano e tormentano i genitori divorando le offerte in cibo che essi preparano per placarli.
Ciò che più colpisce nella scrittura di Toni Morrison è il ritorno ossessivo, perturbante e irrisolto del dolore rimosso, una sofferenza che non è solo personale bensì generazionale, addirittura secolare. La denuncia delle colpe dell’uomo bianco è fortissima e senza appello: la fuga dagli orrori della schiavitù e l’esaltante esperienza della libertà non sono consolatori perché le umiliazioni subite sono marchi indelebili che segnano inevitabilmente la vita di tutti i protagonisti e quella dei loro eredi.
Beloved è significativamente dedicato ai milioni di africani morti durante il Middle Passage, cioè lungo la rotta degli schiavi dall’Africa all’America attraverso l’oceano Atlantico. Come annota la studiosa Itala Vivan in un suo articolo intitolato Raccontare storie per costruire storia: la vicenda della schiavitù nella narrativa di Toni Morrison (Storia delle donne, 5/2009), il romanzo costituisce una rappresentazione tragica di grande efficacia e costringe ogni lettore a una riflessione su di sé e sul proprio tempo, ricordandoci che l’epoca moderna è cominciata nel segno della schiavitù e che lutto e melanconia sono stati il pane quotidiano di generazioni di discendenti degli schiavi.
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